L’interesse per la pittura di Enrico Pirajno di Mandralisca si esercitava nella ricerca di opere tramite il mercato antiquario, più con spirito di amatore e collezionista che non di autentico conoscitore. Dalla corrispondenza che egli intrattenne con altri studiosi, e soprattutto con Agostino Gallo (erudito, storiografo dell’arte siciliana e grande collezionista di opere d’arte), emerge la consapevolezza – da parte del barone Mandralisca - dei propri limiti in questo campo, ma anche la sua fine sensibilità e il gusto innato di un uomo che amava circondarsi di begli oggetti.
Il nucleo originario del lascito Mandralisca si è successivamente arricchito della collezione dell’avvocato cefaludese Vincenzo Cirincione che alla sua morte, avvenuta il 19 ottobre 1873, lasciò in eredità all’amministrazione comunale di Cefalù oltre 140 quadri, insieme a mobili ed oggetti d’arredamento di particolare pregio. Nel 1933 le opere furono affidate dal Comune alla Fondazione Mandralisca a scopo di custodia e pubblica fruizione.
L’attuale Pinacoteca è il risultato della confluenza delle due raccolte che testimoniano un tipo di collezionismo privato ben allineato al gusto tradizionale, fissato e consolidato nelle ricche collezioni siciliane fin dal loro formarsi. Non molte sono le opere che rispecchiano la cultura artistica isolana, più numerose quelle che indicano come anche il collezionismo ottocentesco privilegiasse i generi pittorici così come si erano andati configurando fin dal Seicento: scene di battaglia, nature morte, soggetti sacri, quadri di fiori, quasi tutti di piccolo formato data la loro iniziale destinazione ad un uso privato, in gran parte provenienti dal mercato dell’arte.
La sistemazione attuale della Pinacoteca non segue un percorso espositivo strettamente cronologico, e nei diversi ambienti la varietà dei dipinti (come degli oggetti d’arte e degli arredi) è espressione di culture artistiche eterogenee e di epoche diverse. Naturalmente nessuna qualifica la collezione Mandralisca meglio del Ritratto d’Uomo di Antonello da Messina: si narra che Enrico Pirajno l’abbia scoperto - forse senza aver effettiva coscienza del suo valore - ed acquistato a Lipari, dove era custodito nella bottega di uno speziale.